Il ministro Giannini in Senato: in arrivo lo stato giuridico dei Ricercatori e Tecnologi degli EPR: soppressione in vista per il III livello?
Presso la 7ª Commissione del Senato, nella seduta del 30 marzo si è svolta l’audizione del ministro Giannini “sulla situazione dell’Alta formazione artistica, musicale e coreutica (AFAM) e sulle misure a favore della ricerca”.
Nel corso dell’audizione il ministro ha toccato il tema dello “stato giuridico” dei ricercatori e tecnologi degli enti pubblici di ricerca, che dovrebbe rientrare nelle competenze del decreto attuativo dell’art. 13 della Legge n. 124/2015 (la cosiddetta legge Madia) riguardante la Semplificazione delle attività degli Enti pubblici di ricerca. Il Ministro ha affermato che al riguardo è in corso un approfondimento con il Dipartimento della funzione pubblica per “scorporare” i ricercatori e tecnologi degli EPR “dal comparto della pubblica Amministrazione”.
Tale scorporo è, per il Ministro, “propedeutico per il riordino complessivo degli enti pubblici di ricerca, ancora privi della necessaria flessibilità ed autonomia”. In merito, il Ministro ha ricordato che gli enti pubblici di ricerca sono 22, di cui 14 vigilati dal MIUR (compresi gli enti che lavorano nella ricerca scolastica) e che presso di essi operano circa 16.000 ricercatori e tecnologi, di cui 6.113 proprio negli enti di riferimento del Dicastero. Gli enti pubblici di ricerca nel 2016 mobiliteranno 2,9 miliardi di euro sui capitoli della spesa pubblica, il grosso dei quali a carico del MIUR.
Per quanto riguarda lo stato giuridico, le linee di intervento indicate dalla Giannini sono state:
- l’attuazione piena della Carta europea dei ricercatori;
- un nuovo ordinamento degli enti pubblici di ricerca che riduca i controlli preventivi e realizzi l’autonomia;
- l’istituzione dei ruoli unici di ricercatori e tecnologi, con conseguente soppressione della terza fascia;
- il reclutamento per concorso pubblico;
- una maggiore autonomia nel reclutamento, vincolato a limiti finanziari e non a restrizioni della pianta organica;
- l’incentivo alla mobilità dei ricercatori specialmente da e verso le università;
- la semplificazione del rimborso delle spese di missione e di acquisto di beni e di servizi per la ricerca.
Il ministro Giannini ha anche affermato la necessità di dare “dinamicità al sistema” incrementandone l’attrattività nei confronti dei ricercatori. A tale fine, è previsto un finanziamento aggiuntivo a favore di vincitori di bandi ERC che sceglieranno l’Italia quale sede di ricerca.
Riteniamo estremamente positivo il fatto che il ministro Giannini (e speriamo non solo lei) abbia compreso la necessità di definire uno stato giuridico dei ricercatori e tecnologi degli enti pubblici di ricerca e che tale status sia da definire in piena attuazione della Carta europea dei ricercatori la quale, nonostante siano passati più di dieci anni dalla sia solenne sottoscrizione da parte dei Presidenti di quasi tutti gli EPR, è ancora lettera morta.
Nutriamo però delle perplessità in merito alla non meglio definita “istituzione dei ruoli unici di ricercatori e tecnologi, con conseguente soppressione della terza fascia” che potrebbe significare la collocazione dei ricercatori e tecnologi in soli due livelli (il primo e il secondo), così come avviene per i medici ospedalieri, od anche la trasformazione del terzo livello in un livello solo a tempo determinato, così come avviene attualmente per i ricercatori universitari.
In entrambi i casi, l’attuale terzo livello (a tempo indeterminato) dei ricercatori e tecnologi diventerebbe un ruolo ad esaurimento, dal quale potrebbe diventare ancora più difficile (di quanto non lo sia già ora!) progredire e transitare nel secondo livello, se il governo non si impegna a destinare significative risorse economiche per un numero di progressioni di carriera dal terzo al secondo livello, da realizzarsi nei prossimi anni in numero adeguato alle professionalità e competenze in possesso dei ricercatori e tecnologi degli EPR.
A caldo, penso che nella scia della cieca “spending review”, il Governo intenda applicare agli enti pubblici di ricerca il modello universitario, ossia ricercatori di terza fascia = tempo determinato. E’ da un lustro, ormai, che prevedo la mia carriera ferma alla terza fascia, vuoi per la sospensione dei concorsi (limitatezza dei fondi), vuoi per la “concorrenza” a causa dell’apertura dei concorsi ad esterni al mio ente (leggasi Università). Se riuscirò ad andare in pensione prima di passare a miglior vita, sento che lo farò da terza fascia, e non per scarsa professionalità o numero di pubblicazioni con IF.
A caldo, penso che nella scia della cieca “spending review”, il Governo intenda applicare agli enti pubblici di ricerca il modello universitario, ossia ricercatori di terza fascia = tempo determinato. E’ da un lustro, ormai, che prevedo la mia carriera ferma alla terza fascia, vuoi per la sospensione dei concorsi (limitatezza dei fondi), vuoi per la “concorrenza” a causa dell’apertura dei concorsi ad esterni al mio ente (leggasi Università). Se riuscirò ad andare in pensione prima di passare a miglior vita, sento che lo farò da terza fascia, e non per scarsa professionalità o numero di pubblicazioni con IF.
Trovo l’eventualità della soppressione del terzo livello un’operazione mirata alla definitiva burocratizzazione degli EPR, dove quel poco di produzione scientifica che resta deriva notoriamente in larghissima misura dall’operato di questi “reietti”.
Personalmente, avendo da sempre privilegiato la strada dell’impegno scientifico rispetto alla “costruzione finalizzata di relazioni”, sono ormai rassegnato a mia volta (come la collega Lucy) a concludere la mia carriera nella terza fascia. Tuttavia, un provvedimento di questo tipo – azzerando definitivamente ogni pur remota ipotesi di riconoscimento professionale, nonché uno status che richiama il lavoro scientifico – credo mi convincerà definitivamente della opportunità di adattarmi al contesto, ossia di ridurre drasticamente (approssimandolo il più possibile allo zero) il mio apporto alla produzione pseudo-scientifica del mio istituto.
Così, finalmente, mi allineerò – mio malgrado, ma stavolta davvero senza alcun senso di colpa – all’ideal tipo brunettiano del “fannullone”.
Trovo l’eventualità della soppressione del terzo livello un’operazione mirata alla definitiva burocratizzazione degli EPR, dove quel poco di produzione scientifica che resta deriva notoriamente in larghissima misura dall’operato di questi “reietti”.
Personalmente, avendo da sempre privilegiato la strada dell’impegno scientifico rispetto alla “costruzione finalizzata di relazioni”, sono ormai rassegnato a mia volta (come la collega Lucy) a concludere la mia carriera nella terza fascia. Tuttavia, un provvedimento di questo tipo – azzerando definitivamente ogni pur remota ipotesi di riconoscimento professionale, nonché uno status che richiama il lavoro scientifico – credo mi convincerà definitivamente della opportunità di adattarmi al contesto, ossia di ridurre drasticamente (approssimandolo il più possibile allo zero) il mio apporto alla produzione pseudo-scientifica del mio istituto.
Così, finalmente, mi allineerò – mio malgrado, ma stavolta davvero senza alcun senso di colpa – all’ideal tipo brunettiano del “fannullone”.
non mi è chiaro lo scopo della soppressione del terzo livello professionale, soprattutto in una cornice finanziaria nebulosa relativamente ai passaggi di livello dei terzo livello verso i livelli apicali. non vorrei che appartenere ad un ruolo ad esaurimento per molti di noi che vengono da 10 o 16 anni di precariato, fosse la pietra tombale su ogni ipotesi di progressione economica. tra l’altro il CCNL EPR già prevede un ruolo unico su tre diversi livelli economici, quindi non capisco perchè sopprimere il terzo. sulla carta del ricercatore e la semplificazione, ad esempio della disciplina per gli acquisti e ordinativi come non essere d’accordo. Strano però che quanto previsto dalla Carta circa l’identità di opportunità fra tempo determinato e indeterminato, nonchè quanto previsto dall’Europa in merito alla durata dei contratti TD (tre anni) non mi pare sia invece di interesse delle proposte del governo: se vogliamo una ricerca che funzioni, dobbiamo assicurare a chi decide di fare ricerca in Italia la prospettiva di poter avere un iter normale e non patologico come purtroppo il precariato infinito lo rende. senza contare che il personale che opera negli EPR ha numeri risibili, e la ricerca per poter essere produttiva per il paese, come Renzi vorrebbe, dovrebbe essere moltiplicata almeno x 10 quanto a fondi e numero di occupati nel settore: a quel punto davvero sarebbe funzionale al “sistema Paese”.
non mi è chiaro lo scopo della soppressione del terzo livello professionale, soprattutto in una cornice finanziaria nebulosa relativamente ai passaggi di livello dei terzo livello verso i livelli apicali. non vorrei che appartenere ad un ruolo ad esaurimento per molti di noi che vengono da 10 o 16 anni di precariato, fosse la pietra tombale su ogni ipotesi di progressione economica. tra l’altro il CCNL EPR già prevede un ruolo unico su tre diversi livelli economici, quindi non capisco perchè sopprimere il terzo. sulla carta del ricercatore e la semplificazione, ad esempio della disciplina per gli acquisti e ordinativi come non essere d’accordo. Strano però che quanto previsto dalla Carta circa l’identità di opportunità fra tempo determinato e indeterminato, nonchè quanto previsto dall’Europa in merito alla durata dei contratti TD (tre anni) non mi pare sia invece di interesse delle proposte del governo: se vogliamo una ricerca che funzioni, dobbiamo assicurare a chi decide di fare ricerca in Italia la prospettiva di poter avere un iter normale e non patologico come purtroppo il precariato infinito lo rende. senza contare che il personale che opera negli EPR ha numeri risibili, e la ricerca per poter essere produttiva per il paese, come Renzi vorrebbe, dovrebbe essere moltiplicata almeno x 10 quanto a fondi e numero di occupati nel settore: a quel punto davvero sarebbe funzionale al “sistema Paese”.